GiadaColasanteMi chiamo Giada Colasante e sono un ingegnere edile strutturista. Sin da piccola mi ha sempre entusiasmato la sfida di cercare soluzioni fattibili a problemi pratici con gli strumenti limitati a disposizione. E’ questo che mi ha spinto nel 2004, dopo il diploma di Geometra presso l’istituto “G.Quarenghi” di Bergamo, ad iscrivermi presso la facoltà di ingegneria di Dalmine, determinata a diventare un bravo ingegnere edile. La parte della tecnica e della statica delle strutture che avevo avuto modo di affrontare durante gli studi da Geometra mi era piaciuta molto e questo è stato un fattore determinante nella scelta di quale tipo di ingegnere volevo diventare. Allora come oggi sono convinta che si debba scegliere un percorso di studi relativo a materie per le quali si è appassionati, dal momento che si dovranno affrontare molte difficoltà. Penso ai weekend passati sui libri, alle consegne e scadenze, agli imprevisti che si presentano anche nella vita professionale. La passione aiuta a rendere meno onerosi gli aspetti negativi, è la ricarica di energia che serve per raggiungere gli obiettivi e per essere soddisfatti del proprio operato.

Studiare ingegneria edile presso l’Università di Bergamo mi ha permesso di scegliere corsi ed esami focalizzati sulle strutture, cosa che ho notato non essere scontata. In altre università l’ingegnere edile è un tecnico dell’edilizia e il progetto di strutture è affidato ai civili. Inoltre, la varietà delle tematiche affrontate nel percorso di studi mi torna molto utile ora, in ambito professionale, dal momento che, negli studi medio-piccoli (la maggioranza in Italia) viene richiesto di saper gestire un po’ tutto, dal disegno, al calcolo, alle pratiche edilizie, alla parte di contabilità. La progettazione sta diventando negli anni più complessa, richiede che chi vi partecipa abbia una infarinatura di tutto e si specializzi in qualcosa, in modo tale da poter collaborare in squadra con altri specialisti, riuscendo a gestire il proprio contributo all’interno del progetto senza perdere di vista il quadro generale. Questa credo sia la più utile competenza trasversale che ho acquisito durante gli studi. Inoltre, studiare in una Università piccola, nella quale lo studente non è solo una tra migliaia di matricole, mi ha permesso di avere la presenza e il supporto dei docenti nell’apprendimento. 

Dopo la laurea iniziai il Dottorato in Ingegneria Strutturale presso il Politecnico di Milano. Volevo apprendere nuove cose da altri esperti e in un ambiente diverso dal precedente. Ovviamente la ricerca, le esercitazioni di Scienza delle Costruzioni e i corsi seguiti a Milano hanno aumentato il mio livello di conoscenza delle strutture: là ho imparato nozioni più avanzate, che mi sarebbero tornate utili negli anni a venire, quando mi sono scontrata in ambito professionale con analisi non lineari e modellazioni agli elementi finiti. Gli elevati standard richiesti nella ricerca e la capacità del Politecnico di mettere in evidenza la bravura e la preparazione dei suoi componenti, nonché di pubblicizzare i suoi punti di forza, mi hanno aperto gli occhi su un aspetto che è importante anche a livello professionale: lavorare sulla qualità e sull’efficacia della presentazione. Inoltre non nascondo che i livelli di stress raggiunti in certi momenti mi hanno insegnato a lavorare sotto pressione e a trovare un bilanciamento tra lavoro e vita privata, qualità inestimabili in ambito professionale. 

Durante il dottorato trascorsi 5 mesi presso l’Università di Newcastle, in UK. Da questa utilissima esperienza sono riuscita successivamente a tornare per un assegno di ricerca di un anno e mezzo presso la stessa università. Là mi sono occupata principalmente di implementazione di un software ad elementi finiti per strutture a membrana (tensostrutture). Inutile dire che le competenze ingegneristiche acquisite durante i precedenti anni di studi sono state fondamentali. L’assegno di ricerca era finanziato da importanti studi di progettazione e industrie del settore, quindi mi ha richiesto di produrre risultati concreti nei tempi ristretti tipici del mondo del lavoro. Vivere e lavorare all’estero mi ha anche insegnato a gestire le collaborazioni con persone di diversa cultura, che spesso approcciano i problemi in modo diverso da come lo avrei fatto io. Cambiare prospettiva di osservazione è una capacità molto utile in campo ingegneristico, e spesso è la chiave che consente di trovare soluzioni a problemi complessi. Gli inglesi mi hanno insegnato l’importanza del trasferimento del know-how, l’aumento dell’efficienza e della produttività che si ottiene con la standardizzazione delle procedure ripetitive, l’importanza dei feedback per migliorare il proprio operato. L’esperienza all’estero mi ha anche aperto gli occhi sulle cose positive che abbiamo in Italia: in campo professionale, a mio parere, la più importante tra queste è la cura estrema che abbiamo nella qualità, che ritengo importante e da coltivare in ogni settore, ingegneria compresa.

Da qualche anno sono rientrata in Italia, consapevole del fatto che la crisi del settore edilizio e l’eccesso di burocrazia non aiutano i giovani a fare velocemente carriera. Tuttavia, forte delle precedenti esperienze e della mia passione per l’ingegneria, ho deciso che avrei affrontato anche questo scoglio. Ora collaboro come ingegnere edile strutturista principalmente con uno studio di ingegneria integrata che si occupa di edilizia residenziale prevalentemente a Milano e nella provincia di Como. Le competenze base di progettazione e calcolo di strutture acquisite durante gli studi sono risultate indispensabili, così come le soft skills. Tuttavia il lavoro dell’ingegnere è molto di più e tutti i giorni ricerco nuovi argomenti, nuove soluzioni, imparo nuove procedure e nuove leggi. Perché essere ingegnere vuol dire anche innovare ed innovarsi.

La passione aiuta a rendere meno onerosi gli aspetti negativi, è la ricarica di energia che serve per raggiungere gli obiettivi e per essere soddisfatti del proprio operato

29/05/2020 - 11:40