La nave, seppur intesa come primordiale mezzo galleggiante, rappresenta sicuramente il primo sistema di trasporto ideato dall’uomo. In archeologia si è accertato che già 120.000 anni fa gli uomini siano arrivati via mare dal continente asiatico fino al Borneo, approfittando dell’era glaciale che aveva reso i fondali più bassi ed abbreviato le distanze tra le isole. Ma è nelle Sacre Scritture che possiamo ritrovare testimonianza del più antico e famoso costruttore navale, impersonato dal mito di Noè, capace di realizzare la sua Arca addirittura su dirette istruzioni divine:
“Fatti un'arca di legno di cipresso; dividerai l'arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l'arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell'arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell'arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore. …” (Libro della Genesi, capitolo 6)
Fortunatamente non è più necessario essere una divinità per concepire il progetto di un’affidabile ed efficiente imbarcazione, poiché a tal fine esiste la moderna Ingegneria Navale, ossia il ramo dell’ingegneria industriale che si occupa della progettazione, costruzione e gestione delle diverse unità navali esistenti (mercantili, passeggeri, diporto e militari).
Nel dettaglio, l'Ingegnere Navale può occuparsi della scelta delle dimensioni e delle forme di carena, per poi decidere la compartimentazione dello scafo, suddividendo gli spazi all'interno dell'imbarcazione per le diverse finalità. Può progettare gli impianti navali di bordo per la propulsione e manovra (motori, eliche, trasmissione, timoni e linee d’assi...) ma deve poter intervenire anche sulla scelta di altri vari impianti meccanici, idraulici, termotecnici, elettrici ed elettronici per il corretto funzionamento della nave.
Gran parte del lavoro di un ingegnere navale può essere sicuramente eseguito in ufficio (uffici tecnici di cantiere o armatoriali, studi professionali, registri di classifica, …) ma può anche essere svolto a bordo per testare le prestazioni della nave e collaudare i suoi impianti, verificandone l'effettivo funzionamento e il rispetto di standard e specifiche norme di riferimento in materia di costruzione e sicurezza. Ad esempio, nel settore Offshore, gli ingegneri navali specializzati nella trivellazione di pozzi di petrolio e gas naturale in profondi fondali, sono spesso chiamati a trascorrere molto tempo sulle piattaforme petrolifere per supervisionare, manutenere ed eventualmente riparare i sistemi meccanici di bordo.
L’habitat naturale di un ingegnere navale è quindi a bordo della nave in mare, ma soprattutto il cantiere sulla terraferma, dove supervisiona la costruzione delle imbarcazioni, dal taglio della prima lamiera fino al varo, coordinando il lavoro delle maestranze necessarie. La realizzazione e gestione tecnologica di una nave necessità di una varietà di competenze forse superiore a qualsiasi altro prodotto industriale: sia sufficiente pensare alle moderne navi da crociera, oramai delle vere e proprie città galleggianti in acciaio, dotate dei più efficienti impianti di propulsione e generazione elettrica. In tali applicazioni rientrano perciò le nozioni fondamentali di tutta l’ingegneria industriale per l’allestimento impiantistico di bordo (ingegneria meccanica ed elettrica in primis), dell’ingegneria civile per lo studio delle enormi strutture galleggianti, e dell’ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni per la concezione di adeguati dispositivi di navigazione. La parola chiave di un moderno ingegnere navale è quindi multidisciplinarità, seppur con proprie specifiche competenze su tre aree principali di studio:
- l’architettura navale, inerente all’analisi idrodinamica ed alla galleggiabilità dello scafo;
- la costruzione della struttura galleggiante;
- gli impianti di propulsione e l’allestimento di bordo.
Ad ognuna delle tre aree disciplinari corrispondono diverse materie specifiche, che caratterizzano in maniera inequivocabile il percorso formativo dello studente in ingegneria navale: alla già citata architettura navale si aggiungono quindi discipline inerenti alla geometria dei galleggianti e statica della nave, alla tenuta al mare, alla scienza delle costruzioni e agli impianti di propulsione. Per arrivare a comprendere tali tematiche così peculiari, è tuttavia necessaria una conoscenza delle materie base, che applicano i principi dell’analisi matematica, della fisica, dell’idrodinamica dei fluidi e della chimica; queste discipline caratterizzano soprattutto il corso di laurea triennale, propedeutico alle più specifica laurea magistrale.
Del tutto particolari sono anche i laboratori utilizzati per la ricerca e la didattica, presenti esclusivamente nelle università e istituti di ricerca che si occupano di studi in ingegneria navale: le attrezzature sperimentali più tipiche sono la vasca navale, dove si prova l’idrodinamicità dei modelli a scala ridotta delle carene, ed il tunnel di cavitazione per la misura delle prestazioni delle eliche navali. Infatti, mediante calcoli matematici e simulazioni, il progettista navale riesce a prevedere le prestazioni di una imbarcazione ma utilizzando i risultati forniti dalle prove in vasca navale e dai test di laboratorio è in grado di correggere eventuali errori ed affinare la progettazione.
In Italia è possibile ottenere la laurea in ingegneria navale in soli tre atenei, situati in città di antica tradizione marinara e cantieristica: l’Università degli Studi di Genova, l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e l’Università degli Studi di Trieste. L’università ligure distribuisce i corsi disponibili tra la sede principale di Genova e il polo di La Spezia, ove in quest’ultimo è possibile iscriversi al corso di laurea triennale in Ingegneria Nautica e laurea magistrale in Yacht Design (specializzazione mirata alla progettazione di yacht e imbarcazioni da diporto, sia a vela che a motore, le cui lezioni sono erogate in lingua inglese).
Il percorso di studio in ingegneria navale è tra i più impegnativi nel panorama universitario e richiede di essere affrontato a tempo pieno; il tasso di abbandono è tra il 30% e 40% relativamente al percorso di laurea triennale, mentre si riduce drasticamente per la laurea magistrale, dove l’apprendimento di discipline più marcatamente navali, riesce ad appassionare e a stimolare maggiormente lo studente nel compimento dei propri studi. Gli sforzi profusi durante la formazione universitaria sono comunque ripagati dalle concrete prospettive lavorative, vista l’elevata percentuale di occupazione nel periodo a cinque anni dalla laurea, che è pari a circa il 90%. Gratificanti risultano essere anche gli stipendi iniziali, tra i più alti nel panorama dell’ingegneria industriale.
Negli ultimi venti anni i corsi di laurea in ingegneria navale/nautica si sono tinti sempre più di rosa, caratterizzandosi nell’ambito dell’ingegneria industriale come uno dei percorsi formativi maggiormente frequentato dalle donne. Ciò a testimonianza del fatto che il fascino e la passione per il mare e le sue tecnologie, che da sempre caratterizzano la figura dell’ingegnere navale, non possono incontrare limitazioni di genere.